Artist: Nando Citarella & Tamburi del Vesuvio Album: MUSECA Label: AlfaMusic Code: AFMCD235
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MUSECA
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Nando Citarella & Tamburi del Vesuvio
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16 October 2020
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AFMCD235
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8032050020174
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Created on : 15 September 2020
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From: AlfaMusic
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Press Release
“Verso la terra mia prima, verso sud migrai e trovai nudi e in miseria e fino ai fianchi nel mare, Castello e Città. Là dove il rosmarino fiorisce e dove l’acqua ancora scorre dalle sorgenti, frutti d’ombra cadono dai muri, luce di luna imbianca le case, e cenere di crateri ormai freddi
trasportano vento di mare nelle stanze”.
Queste parole rappresentano il nostro vissuto e il vivere ancora oggi in questa Terra Prima, la dove la processione si allontana e fa spazio al tempo e al mondo interiore, diamo spazio alle nostrepreghiere, alle invocazioni, ai canti, alla musica, alla semplicità al battito del Tamburo.
“ ‘a Tammorra” da S. Rocco alla Mamma d’e Galline, da Materdomini all’Avvocata e fino a quella Terra dove tra riti antichi e misteriosi canti si incontrano le nostre culture (Africa- Ispano-Portoghese-Napoletana). La, dove il fuoco sotto terra è Pietra Liquida tra pane chiaro e labbra scure, si alza il nostro canto e nella città cava Stamburano i Tamburi. Noi siamo testimoni di questa tradizione cresciuti e andati via per vivere poi in essa dove la pietra liquida diventa il nostro fuoco.
Questo progetto nasce dall’incontro tra musicisti studiosi delle tradizioni che ancora oggi praticano e ne vivono il continuo mutamento. Dal tocco vigoroso e Siculo del suonatore di tamburi lontani tra ritmi arcaici e zoppi per coniugare ed unire antichi riti e nuove contaminazioni.
Il tocco all’ottava sottosopra di Trinacria strappa, accompagna e guida la ritmica e l’armonia.
Il suono ora staccato, ora balzato dell’arco che stride sulle corde tra crini e pece del rosso suonatore della Capitale, il cantore della penisola sorrentina e suonator di mantice nonché ballatore. Il pizzico delle corde della romantica chitarra ottocentesca del professor di Basilicata. Il soffio armonico che a spirale esce dai flauti del suonator e uomo di mare che vanga la terra e ne raccoglie i frutti. La voce dal timbro argentino della cantatrice ciociara unita alle gentili figure di donne danzatrici (dalla terra Franzosa e dalla Costa Adriatica) che con il loro gesto nitido, disegnano nell’aria come antiche muse questa nostra terra. Dal musico e teatrante da Nucéria che della Maschera ha cantato rappresentandone il grido ed il sospiro tra corde, pelli e passi che a battente appoggiano e sostengono la sua voce che giù dalla penisola, risale fin sul Vulcano e oltre il Mare.
Chest’è ‘a vita ‘a storia ‘a Museca che noi vi proponiamo
Nando Citarella
GUIDE ALLA ASCOLTO (Autori vari).
RUMBA SCUGNIZZA
La mutazione del canto di tradizione orale trova un possibile compimento nella fusion partenopea di Raffaele Viviani, in cui le voci di venditori di mercato e gli schiamazzi dei passanti si innestano sull’esotismo ritmico della rumba di importazione, che sin dagli anni del Ventennio “invadeva monti e città,” celebrando una di quelle figure centrali del sottoproletariato urbano caro al poeta, compositore e drammaturgo: lo scugnizzo, che nel 1943 sarà tra i combattenti che libereranno Napoli dai nazi-fascisti.
Mai caduta nell’oblio, ‘A Rumba de’ Scugnizzi, interpretata da una varietà di artisti, poteva mai sfuggire a Nando Citarella, irrefrenabile lieto e rumoroso acrobata della voce e dell’arte multiformi, cant-attore agile nell’attraversare i registri colti, la cantabilità garbata popolaresca e le tensioni del canto contadino senza remore o scuorno, come solo i grandi fanno?
Così il popolo vascio e i canti a distesa confluiscono nel ritmo del tumbao che risuona nelle strade dell’Avana, propiziando non solo il ricordo doveroso per i settant’anni anni dalla scomparsa di Viviani, ma pure per celebrare i venticinque anni dalla parte del ritmo dell’anima rumorosa e deflagrante dei Tamburi del Vesuvio.
Il battito del tamburo del tempo sospeso di “chi è devoto” chiama e trova immediata rispondenza nelle pelli e dei legni di conga, tumba, quinto e guiro, che sostengono il movimento dei fiati di Valter Praiola (al trombone, lui che è un cubano d’adozione), Nello Salza (alla tromba, solista nei film di Tarantino e Morricone), Alberto D’Alfonso (flautista, già alla corte di Carosone) e il concertato di voci a chiamata e risposta dei cantori Citarella e Luigi Staiano.
Un ribollente elogio multiculturale che esalta la magia di luoghi dove la musica racconta sofferenze e festosità e, nel suo simbolico pastiche sonoro, si fa testimone di transiti di popoli e gusti, ieri come oggi.
Ciro De Rosa
UN FUTURO A SUD So stato a lavorà a Montesicuro se tu sapessi quanto ho guadagnato, ci manca quattro pavele a uno scudo. Mannaggia all’ora quanno ci ho pensato d’annatte a laorà ma a quel diserto, che p’arricchì ‘n brigante so crepato.
Questa nuova versione del brano di Mario Salvi, uno dei protagonisti del revival dell’organetto, è un esempio fulminante dell’eterna vitalità della musica popolare capace di risorgere ogni volta con soluzioni e sovrapposizioni nuove. Se già in origine l’autore utilizzava con vigore ritmi e colori della tradizione per dare sviluppo al percorso canoro, ora la nuova versione realizzata da Nando Citarella si esalta ancor più attraverso una prospettiva timbrica che si allaccia con il respiro della modernità. A partire dalla presenza del sax che dialoga con la ritmica antica offrendo una visione che raccoglie l’esperienza di Zezi e Napoli Centrale per proiettarsi nella sfera della contemporaneità. Il groove realizzato trova forza nel testo dove la citazione di un brano tradizionale come So’ stato a lavora’ a Montesicuro richiama con forza il tema del lavoro, questione da sempre centrale per il “futuro del Sud” che ritorna con grande intensità anche nel travolgente “rap” del finale.
Felice Liperi
MUSECA
Già, ma alla fine… che cos’è la musica? E perché ci aiuta tanto? È acqua, è vento, è la nascita di un essere umano, è il respiro della gente ma è anche quello che parla per noi quando la ragione viene meno, quando, cioè, «‘a capa nun cunchiure», vale a dire «non porta a termine qualcosa». La musica allora, in parallelo con il linguaggio, è proprio l’interfaccia tra umanità e natura; qualcosa, cioè, di cui abbiamo assoluta necessità per completarci, per sopravvivere alla nostra congenita incompiutezza biologica: un dono degli dei per resistere e per farci tirare fuori quanto di più profondo abbiamo dentro di noi. Per metterci, insomma, davvero alla prova.
Giovanni Vacca
TIRITOC
Nando è talento vero, bravo in tradizione, traduzione e memoria. Verace. Di quelli che allignano numerosi nella Campania ( ancora ) Felix che, non dimentichiamo, è stata ( ed è ) terra di musica e teatro senza distinzioni tra alto e basso, anzi, un vero e proprio laboratorio funzionale in cui le due gradazioni si sono sempre alimentate reciprocamente. La Napoli dei Conservatori fu Teatro per un giovane Mozart - stando alle Cronache del 1770 – estasiato, che orecchiava tra i Quartieri e il San Carlo – e trascriveva, da ladro sublime - le moresche del cinque/seicento. Per quell’ insondabile “archè” di nascita e antropologia, Nando è un prodotto di quell’animus di teatro povero e totale. Riesce ad essere allo stesso tempo, senza mai interpretare ( e qui è il fenomeno ) un fornaretto di scuola popolare del Vesuviano, Pulicinella monologante alla maschera, un viandante alla Madonna dell’Arco, un posteggiatore della Pignasecca e il Tenore leggero di Italica enfasi con tanto di riga e brillantina al MET ( Opera House ) nell'Upper West Side di New York che incanta con “Meco all’altar di Venere” dalla Norma. Insomma, non interpreta nel senso dell’apparire, appartiene all’essere, e questo lo apparenta, per tutt’altre vie e per assurdo, magari in leggerezza e popolaresco, al teatro “tout court“ francese, quello esistenzialista e crudele, dal quale non si scappa, all’Artaud. Non ha bisogno di attraversare la “quarta parete” per entrare in teatro, Nando è sempre in scena. L’ho visto tante volte, avendone noi fatta qualcuna di troppo su palchi di qua e di là del Mare, dalla Mascherata in salsa dodecafonica ai Frammenti di Ligety citati in forma di cut-up jazz contemporaneo. Eccolo, dunque qui su disco, in Tiritoc in cui si avvia, lui musico colto e di lettura, con i TdV ad essere un maestrò rapper/masciaro . Non c’è alcun bisogno di capire o cercare di comprendere le parole. Il senso della Filastrocca è lo sguardo d’insieme che qui arriva direttamente da una rivisitazione d’autore dei vicoli del 5/Seicento. Quando, come ci confermano studi dell’Università del Salento, il Meridione Napoletano era terra di musicisti “negri”. E il parolare ritmico delle “moresche”, il gioco esasperato e cardiaco di battere e levare, anticipava di diversi secoli l’origine delle musiche afro-americane di fusione, ci dice con altre parole l’etnomusicologo Gianfranco Salvatore. Tiritoc parte e si trascina subito verso la ripetizione “fatturale”, verso le masciare lucane, più a sud della nera solarità napoletana. Poi il brano va oltre, verso quello che oggi si chiama impropriamente folkprog, che è ormai una koinè planetaria. Il tutto con la collaborazione di ottimi musici e con una dinamica organologica interessante : dal marranzano dello stesso Nando alla chitarra preparata di Girotto al contrabbasso di Gigliano e le percussioni intelligenti di Lo Cascio fino alla chitarra classica di Rotunno e alla nitida voce di Gabriella Aiello. Ancora avanti il paesaggio si fa tutto strumentale, con progressioni armoniche “mascherate” ed echi casuali di settime di dominante. Infine riprende in “obsession”, o manìa mediterranea, su un groove intrigante, di genere, ma con le originalità circolari dei TdV “… e gira fa la rota canta canta ancora … e allucca e zompa e abballala… canta sempe forte e po’ torna a ballare… che potrebbe durare all’infinito e riecheggia naturalmente quel maestro di minimalismo e possessione per tutti noi che è stato Antonio Infantino, il Sapiente di Tricarico e del Mondo. Divertente Tiritoc su disco… ma il suo climax è la live possession, è il teatro della parola/corpo/strumento, la manìa. Correte ad ascoltare Nandicello e i TdV dal vivo.
Luigi Cinque
MAKAM POR UNA ESTRELLA
ll primo pensiero che mi avvolge sentendo il brano, mi rimanda all'anno 1000 in una di quelle città andaluse del sultanato: Granada, Cordoba o Siviglia o altre ancora , dove i meravigliosi suoni e i profumi si mescolavano tra loro, generando grandi armonie, quei suoni del mussulmano, del cristiano o dell'ebreo. Poi, quando arriva il marranzano, ti senti catapultato a sud del sud non solo in Sicilia o in Sardegna, al di qua di questo mare, il Mediterraneo(il mar piccolo) con i suoi suoni, le sue voci le sue radici, pure, antiche dove popoli di naviganti fendevano le onde con le vele gonfie tra l'Oriente e l'Occidente.
Imad Zebala
SUITE GARGANICA
Nella Suite Garganica Nando Citarella individua un inventario di testi poetici e una pratica coreutica celebri tra i cultori della tradizioni orali conservate nella Penisola italiana e nelle Isole, vale a dire un modo di cantare e danzare che si è consolidato nella memoria condivisa come “tarantella del Gargano”, anche se questa denominazione sintetizza e nasconde testi e provenienze più specifiche. Probabilmente, la diffusione originaria fuori dal contesto locale si deve alla intelligenza e lungimiranza di Roberto Leydi che ospitò cantori e strumentisti di Carpino (Foggia) sul palcoscenico milanese del Teatro Lirico, nello spettacolo Sentite buona gente (febbraio-marzo 1967): le scholae cantorum locali - per usare una espressione di Diego Carpitella, che pure affiancò Leydi nella preparazione di quello spettacolo – furono presentate al pubblico colto e chic che seguiva le stagioni del Piccolo Teatro di Giorgio Strehler e Paolo Grassi, in un timido preannuncio di Sessantotto, nella curiosità e solidarietà per le culture musicali delle “periferie”. Seguì una magistrale interpretazione in disco della Nova compagnia di canto popolare, curata da Roberto De Simone, che pure aveva frequentato alcune “plaghe” pugliesi, dal Gargano, a Grottaglie, con grande empatia e curiosità musicale, oltre che antropologica. Questi motivi di danza costituiscono quasi un obbligo per chi agisce in uno scenario di “world music”, o di “neo-folk”, e si misura con testi provenienti dalla Penisola. Nando Citarella conserva il beat comodo, molto comodo, che attribuisce al ballo quella sensualità scoperta che si riconosce a queste danze garganiche (basta osservare la grazia dei danzatori carpinesi nello spettacolo milanese citato: con i mantelli addosso sembra quasi volassero, nelle loro evoluzioni e rotazioni, meraviglioso! cfr. Domenico Ferraro, Roberto Leydi e il “Sentite buona gente”. Musiche e cultura nel secondo dopoguerra, con CD e DVD allegati, Squilibri, Roma 2015). Citarella aggiunge una sequenza metro-ritmica di tradizione campana sul tamburo, e conserva l’ostinato della chitarra desunto dall’orchestrazione di Roberto De Simone: i cantanti intonano le strofe “a serenata” degli amanti che si attraggono e seducono, prelevate da testi poetici appartenenti a tradizioni locali diverse, con una disposizione che privilegia voci sole in alternanza, chiare, fluide, costantemente impegnate nel legato e nei portamenti che connotano lo stile di canto carpinese e garganico, e suggeriscono la curiosa percezione che quelle voci si trovino quasi a “fluttuare” liberamente, a “galleggiare”, sullo strumentale. Una sorprendente doppia coda chiude questa “garganica”: una improvvisa combinazione di gruppo tutta al femminile, condotta prevalentemente sull’aria della rodianella (da Rodi Garganico), e una singolarissima parafrasi di motivi tratti dal Primo movimento Vivace - dopo il Poco sostenuto iniziale - della Settima di Beethoven, condotta “a tarantella”, con una orchestrazione che il compositore “viennese” potrebbe osservare oggi, io credo, dopo tanto tempo, con curiosità e benevolenza sorridente, nonostante il carattere severo e scontroso che gli si attribuisce: lira calabrese, violino, chitarra battente e tamburo. D’altra parte, è stato proprio Richard Wagner a proporre che la Settima rappresentasse “l’apoteosi della danza”, e si è pure ipotizzato che i movimenti della stessa sinfonia fossero costruiti su assetti metro-ritmici ispirati ai piedi della metrica greca (nel caso, il Vivace del Primo movimento corrisponderebbe all’anapesto: breve-breve-lunga). Quindi, perché non ricordare anche “a tarantella”, rispettosamente e affettuosamente, il 250 anniversario della scomparsa di una “grande anima”, che tanto ha dato alla bellezza e al benessere dell’umanità?
Maurizio Agamennone (Università di Firenze)
SUITE LA BALLERINA (O CATERI' - O CUNTO E MASANIELLO)
La splendida interpretazione della RAGAZZA AL BALLO fatta da Gabriella Aiello arricchisce questo canto epico-lirico nella versione sabina. Racconta della giovane Caterina che va a ballare e durante la festa riceve la notizia che sua madre è morta:ma la ragazza incita i suonatori " sonate sonatori che io vojo balla' ": arriva poi la nuova che anche suo padre non c'è più e la reazione è identica...ma quando riceve la notizia che il suo amore è morto allora la ragazza dice" tutta di nero mi voglio vestire, scarpe nere vojo porta',smettere sonatori, non vojo più balla' "..a tale canto si aggiunge la storia di Masaniello, il pescatore ribelle che guidò la sollevazione popolare contro le vessazioni e le gabelle imposte dal Viceré spagnolo. La sollevazione durerà dal 7 al 16 luglio del 1647..alla fine della quale, l'eroico pescatore, vien accusato di pazzia e ucciso!
La gioia del ballo e la gioia della libertà conquistata, nel primo caso quello della ragazza che può sfogare la sua voglia di vita ballando e divertendosi e la storia di Masaniello che rappresenta la ribellione contro il potere che affama i poveri, finiscono entrambe in tragedia. L'uomo che muore spezza il cuore dell'innamorata che vestirà i panni a lutto per tutta la vita, mentre nella storia di Masaniello c'è il succo amaro del frutto impossibile da mangiare, quello della libertà e dell'uguaglianza. Le bellissime voci degli interpreti , Gabriella Aiello , il maestro Nando Citarella e Luigi Staiano da Vico Equense ci regalano una commistione da brividi!!!
Lucilla Galeazzi
KOPANITZA MOLISANA
'A Nonna Giovanna
I grandi flussi migratori nei secoli hanno fatto incontrare culture lontane, mescolato genti e modi di vivere, hanno creato nuovi cibi, usanze, credenze.
Tutto questo metissage ha generato spesso nuove forme musicali, ibride, originali e mai esistite prima come il jazz, il tango ecc.
I lavori della pastorizia in Abruzzo e in alcune aree del molisano da qualche anno sono svolti da pastori macedoni, montenegrini e albanesi.
E così , lungo i percorsi tracciati dai tratturi, nel bel mezzo di una festa mentre i pastori danzano sul ritmo zoppo di una danza balcanica una contadina locale improvvisa uno stornello d’amore alla molisana. Realtà o fantasia? non lo so ma sicuramente è una musica possibile, credibile e soprattutto bella assai!
Riccardo Tesi
ALLA GIUGLIANESE
Non appena ho sentito il violino, già alle prime battute , non ho potuto fare a meno di pensare alla lira così per come la suonano nella Grecia del Nord… circolare, meravigliosamente ossessiva. Oppure a certi sviluppi ciclici del violino come in alcune registrazioni di Bartòk.
Già dopo l’esordio il violino incalza, trascina, spinge, sostiene. È sostanzialmente la vera sezione ritmica con sopra la terapia ipnotica del tamburo che rende tutto più vicino. Acchiappa la schiena e lo stomaco e il piede attacca a battere uguale. Battere, levare, contrattempo. L’ascoltatore ha il gusto della scelta nella caleidoscopicità di questa giuglianese che vive di vita propria.
Anche rispetto all’originale etnografico nel quale la dissonanza fra sisco e voce pare essere l’epicentro di quello specifico mondo, qui i salti e le oscillazioni sul bordone che il violino non risparmia, restituiscono una diversa ipnosi. Conclude il movimento onirico il ricamo della voce sempre alta, senza cadute. Un autentico angelo terrone. Qualcosa che sa stagliarsi a modo suo su un vortice ritmico senza pause.
Si rinnova il miracolo di una musica che vive di vita propria, che non ricorre allo schema preformato, che cerca lo sviluppo secondo moduli antichi, soluzioni di bellezza che sembra perenne. Come certi paesaggi.
Talvolta il suono e il canto sono ragione di felicità.
Ettore Castagna
SUITE CIRO' (STRADA PASSEGGERA - HASTA SIEMPRE)
Strada passeggera è una “canzone di spartenza” nata e diffusa a Cirò Marina, paesino calabrese in provincia di Crotone, ispirata alla leggendaria figura di zi’ Mimmo, un pescatore che negli anni ’50 si imbarcò per andare in America a cercare un po’ fortuna per lui e la sua famiglia che restava a casa.
La leggenda (e la voce del popolo) vuole che – una volta in America - si trasferisse in Bolivia, dove avrebbe incontrato Che Guevara, e, rapito dalla sua figura di rivoluzionario, lo avrebbe seguito fino a Cuba, partecipando con lui alla rivoluzione contro il regime autoritario di Batista.
Non esiste alcun riscontro o documento storico che avvalori tali circostanze, ma la tradizione orale si consolidò nel tempo creando un’aura di leggenda che si tradusse in questa bellissima ballata che ricorda un po’ le atmosfere malinconiche e strazianti di “Santa Lucia luntana” o “Amara terra mia”, mirabili canzoni ispirate allo stesso tema della partenza del migrante e della separazione dolorosa.
Spartenza è un termine d’origine siciliana che indica distacco lacerante, separazione dolorosa, ed è riferito soprattutto alla partenza degli emigranti che andavano in America lasciando a casa le loro donne e le loro famiglie. Il termine fu reso noto da Tommaso Bordonaro, un illetterato contadino emigrante, nel libro intitolato “La Spartenza” (Einaudi ’91) una sorta di diario autobiografico scritto per narrare alla famiglia le sue esperienze americane, usando frasi rocciose, parole deformate, locuzioni dialettali spigolose snocciolate in curioso slang siculo – americano. La sua umiltà e il suo cuore semplice rendono le pagine di questo libro un’opera unica, un’emozionante testimonianza di chi ha vissuto la storia sulla propria pelle. Da quel momento il termine ‘spartenza’ ha assunto un’identità nazionale e resta sinonimo di uno stato d’animo di lacerante separazione.
A Modica, il Lunedì di Pasqua, esiste anche una processione chiamata “La Spartenza” in cui, alla fine di un lungo percorso che attraversa tutto il paese, passando di fronte alla cattedrale, le figure di Maria e di Gesù si separano allontanandosi con passo lento e doloroso in direzioni diverse. La presenza di questa breve canzone nel lavoro dei Tamburi del Vesuvio “Strada Passeggera” descrive con poche statuarie parole dialettali il distacco dei due amanti, e canta il dolore con una drammaticità, una stringatezza e una dignità tipiche del popolo calabrese: un piccolo gioiello di musica e parole che - nella sua arcaica semplicità – evoca epopee, storie, vicende umane, anticipa mirabilmente il fenomeno inverso dei migranti che attualmente attraversano mari e terre per raggiungere il nostro paese, e risulta impreziosita dalla presenza remota del Che.
Hasta siempre…
Luciano Bellini
OS TAMBORES SUITE LOS TAMBORES DE MINAS GERAIS - FRONNA ‘E TAMBOR
Os tambores (I tamburi) è ispirato alle musiche che si eseguono “en plein air”, negli ambienti aperti ed estesi, in cui si comunica a distanza, quando la voce e l’azione strumentale impegnano profondamente lo spazio condiviso e si intende segnalare orgogliosamente la propria presenza. Le occasioni socio-culturali privilegiate, e anche le memorie più emozionanti, possono essere individuate in alcune feste mariane primaverili ed estive, allestite in disparati spazi rurali e di montagna nell’area circum-vesuviana, ma anche in certi scambi vocali intorno alle carceri, quando si vogliono inviare saluti e informazioni a chi “sta dentro”: è “l’epica” ed “etica” delle fronne, canto solistico spiegato e fortemente melismatico, con voce spinta che arriva lontano, ma anche leggera e fluida, che non rinuncia a fioriture e abbellimenti sofisticati. Nando Citarella, in apertura, è scopertamente e coraggiosamente impegnato ai limiti acuti del proprio ambitus vocale. La medesima intenzione di impegnare lo spazio condiviso, e marcare la propria presenza in esso, si ha nelle musiche di strada, le parate più diverse e con organici strumentali multiformi: lo scenario che Nando Citarella privilegia va individuato nelle orchestre di tamburi del Brasile, un territorio che pure ha frequentato musicalmente in passato, soprattutto negli ambienti di “favela”. Lo spunto inziale è tratto da uno spettacolo di Milton Nascimento (Os Tambores de Minas, 1998, con alcune memorie concernenti le Minas Gerais brasiliane e l’intenso sfruttamento operato dai Portoghesi su quei giacimenti auriferi), che si associa a un’orchestra di tamburi assemblata su ritmi e timbri densi e complessi, pur in una prospettiva di iterazione variata come è nelle musiche di strada che si muovono nello spazio. L’innesco della “batteria” sostiene il “meticciato” brasiliano/napoletano approntato da Nando Citarella: gli interventi vocali sono disposti in alternanza o in raddoppio di ottava, i versi cantati ricordano i tamburi e i materiali, anche poveri e di recupero, con cui possono essere costruiti. All’orchestra di tamburi, che comprende pure idiofoni metallici nettamente timbrati, partecipano numerosi esecutori che provengono dalle esperienze di formazione diffusa e solidale che Citarella ha istituito e coordinato in luoghi diversi, nei decenni scorsi: tra questi, sono presenti i membri dell’ensemble Batacoto, formatosi a Castellammare di Stabia (Napoli) all’interno di un progetto educativo centrato sulla percussione di matrice brasiliana, il samba e l’epica carnevalesca carioca, un modello assunto così profondamente da favorire riconoscimenti e inviti a partecipare, nel 2018, alla grande parata al Sambodromo di Rio de Janeiro. D’altra parte, si sa: le musiche di strada servono a “fare gruppo”, e certe volte favoriscono coloro che pure cercano di “farsi strada”.
Maurizio Agamennone (Università di Firenze)
PIEDIGROTTA O SPASSO
Bisogna veramente fare un grande sforzo di immaginazione, salendo oggi la rampa d’asfalto che conduce a Piedigrotta, per visualizzare ciò che viene descritto in questo brano: ai nostri giorni, infatti, l’antico antro è un luogo solitario e poco visitato, fortunatamente scampato alle devastazioni del turismo di massa. Eppure, per secoli, un oceano di folla ha raggiunto quella che ufficialmente si chiama Crypta Neapolitana ma che per il popolo era una grotta misterica dove devozione e magia, musica e baldoria, e quindi corpi e voci, si sovrapponevano e si intrecciavano in occasione della festa della Madonna, la notte dell’8 settembre. Poi la canzone napoletana la volle come suo simbolo, ibridandone la naturale sacralità con le moderne dinamiche dell’industria dello spettacolo e defunzionalizzando l’arcaico culto popolare. Il culto, tuttavia, soprattutto quello dei pescatori della zona che ne sono da sempre i devoti più ferventi, non sparì mai del tutto: finita quella lunga stagione, esso si trasformò in una piccola celebrazione locale che ancora sopravvive, teneramente, nell’epoca del digitale, quando ancora l’esposizione del mantello della vergine sull’altare evoca nella gente della zona quel senso di protezione, di affidamento e di calore che difficilmente ritroveremo in Facebook, in Instagram o in WhatsApp.
Giovanni Vacca
‘A VITA E’ MUSECA
Come spesso è capitato in alcuni miei precedenti dischi, ho amato sempre giocare ironicamente con gli ospiti e con i maestri collaboratori come chi ha anche semplicemente partecipato per esempio: cucinando(e non è poco),preparando il caffè(fondamentale in certi momenti) o portando dolci e conforto ai musici e cantori che,nel frattempo mettevano la loro Arte al servizio del progetto.
Così ho pensato di assegnare una frase(la stessa) ad ognuno dei presenti o passanti in studio (chi ha semplicemente fatto un suono, messo una nota in registrazione o seguito le fasi del lavoro con il loro apporto sopra descritto) e la frase è proprio 'A vita è museca e io sono......per poi presentarsi e i lasciare anche questa sua traccia a chi ascolterà.
Puro gioco e divertimento anche se qualcuno mi guardava domandandosi(mi) "Ma Pucchè?" Perchè : La Musica è Gioco si, ma è anche studio,lavoro,ricerca,fatica e pure gratitudine ( e in questo tempo di sospensione e clausura, abbiamo anche avuto conferma di cosa significhi per molti fare e produrre arte e cultura). Ma,nonostante tutto, pe' me 'A vita è musica.... e vuie site 'a vita mia.
Afacciamiasottoipiedivostri.
Nando Citarella
Track List
1 RUMBA SCUGNIZZA (D. Citarella)
2 UN FUTURO A SUD (Mario Salvi)
3 MUSECA (D. Citarella - C. Mezzanotte)
4 TIRITOC (D. Citarella - Alberto D’Alfonso)
5 MAKAM POR UNA ESTRELLA (D. Citarella - Stefano Saletti - Pejman Tadayon)
6 SUITE GARGANICA (Testo trad. - Musica: D. Citarella)
7 SUITE LA BALLERINA:
• O CATERI’ (Testo trad. - Musica: D. Citarella)
• O CUNTO E MASANIELLO (R. De Simone)
8 KOPANITZA MOLISANA (Testo trad. - Musica: D. Citarella)
9 ALLA GIUGLIANESE (Testo trad. - Musica: D. Citarella - A. Fraioli)
10 SUITE CIRO’:
• STRADA PASSEGGERA (Testo trad. – Musica: D. Citarella)
• HASTA SIEMPRE (Carlos Puebla)
11 OS TAMBORES SUITE:
• LOS TAMBORES DE MINAS GERAIS (M. Nascimento)
• FRONNA ‘E TAMBOR (D. Citarella)
12 PIEDIGROTTA O SPASSO (D. Citarella - P. Pisano)
13 ‘A VITA E’ MUSECA (D. Citarella)
Publishing: AlfaMusic Studio (Siae)
except 2 e 4 (Ed. Finisterre), O CUNTO E MASANIELLO, HASTA SIEMPRE, LOS TAMBORES DE MINAS GERAIS
LISTA BRANI/MUSICISTI/STRUMENTI
RUMBA SCUGNIZZA
VALTER PAIOLA: VOCE-GUIRO-TUMBA-MARACAS-CLAVE-TROMBONE
LUIGI STAIANO: VOCE
NANDO CITARELLA: VOCE-TAMBURELLO
SALVATORE ROTUNNO: CHITARRA
GIOVANNI LO CASCIO: DARBUKKA- DAVUL
ALESSANDRO PATTI: BASSO ELETTRICO
ALBERTO D'ALFONSO: FLAUTO-SAX TENORE
Special guests:
VANESSA CREMASCHI: VIOLINO
NELLO SALZA: TROMBA
UN FUTURO A SUD
GABRIELLA AIELLO :VOCE
LUIGI STAIANO: VOCE-FISARMONICA
NANDO CITARELLA: VOCE-CHITARRA BATTENTE-TAMMORRA
ALESSANDRO PATTI: BASSO ELETTRICO
ALBERTO D'ALFONSO: SAX TENORE
GIOVANNI LO CASCIO: DAOLLA-DAVUL-RIQ-BATTERIA
MUSECA
NANDO CITARELLA: VOCE-TAMMORRA
LUIGI STAIANO: FISARMONICA
ALBERTO D'ALFONSO: SAX TENORE-SAX CONTRALTO
GIOVANNI LO CASCIO: DAOLLA-RIQ-DARBUCCA-DAVUL
CARLO"OLAF"COSSU: VIOLINO
Special guests
FRANCESCA ZURZOLO: VOCE
MARCO SINISCALCO: BASSO FREETLESS
TIRITOC
NANDO CITARELLA: VOCE-TAMBURELLO-MARRANZANI
LUIGI STAIANO: VOCE
GABRIELLA AIELLO: VOCE
CARLO"OLAF"COSSU: VIOLINO
ALBERTO D'ALFONSO: FLAUTO TRAVERSO-VOCE
GIOVANNI LO CASCIO: CANGIRA-DAVUL-DARBUKKA-RIQ
Special guests:
GIOVANNI GIUGLIANO: CONTRABBASSO
ALESSANDRO GIROTTO: CHITARRA ELETTRICA-EFFETTI
MAKAM POR UNA ESTRELLA
GABRIELLA AIELLO: VOCE
NANDO CITARELLA: VOCE-MARRANZANI
Special guests:
STEFANO SALETTI: OUD
PEJMAN TADAYON: NEI-DUF
SUITE GARGANICA
VANESSA CREMASCHI: VIOLINO
NANDO CITARELLA: VOCE-TAMMORRA-TAMBURELLO-CHITARRA BATTENTE
SALVATORE ROTUNNO: CHITARRA
LUIGI STAIANO: FISARMONICA
GIOVANNI LO CASCIO: RIQ-DAVUL.DARBUKKA-EFFETTI
Special guests:
LUDOVICA MANZO: VOCE
ETTA LOMASTO: VOCE
ANTONIO D'APOLITO: VOCE
EQUIVOX ENSEMBLE VOCALE
PIETRO PISANO: BASSO ACUSTICO
MAURO BASSANO: LIRA CALABRESE
SUITE LA BALLERINA:
O CATERI’ - O CUNTO E MASANIELLO
GABRIELLA AIELLO: VOCE
NANDO CITARELLA: VOCE-CHITARRA ACUSTICA-TAMMORRA
ALBERTO D'ALFONSO: FLAUTO TRAVERSO
LUIGI STAIANO: VOCE-FISARMONICA
GIOVANNI LO CASCIO: GRANCASSA-DAVUL-TIMPANO
Special guest PINA VALENTINO: TAMBURELLO
KOPANITZA MOLISANA
GABRIELLA AIELLO: VOCE
CARLO "OLAF" COSSU: VIOLINO
ALBERTO D'ALFONSO: FLAUTO TRAVERSO
SALVATORE ROTUNNO: CHITARRA
GIOVANNI LO CASCIO: DARBUKKA.RIQ-DAVUL
Special guest:
GIOVANNI GIUGLIANO: CONTRABBASSO
ALLA GIUGLIANESE
GABRIELLA AIELLO: VOCE
CARLO "OLAF"COSSU: VIOLINO
NANDO CITARELLA: TAMMORRA
GIOVANNI LO CASCIO: DAVUL
SUITECIRO’:
STRADA PASSEGGERA/HASTA SIEMPRE
NANDO CITARELLA: VOCE-CHITARRA BATTENTE -TAMMORRA MUTA
GABRIELLA AIELLO: VOCE
CARLO "OLFA" COSSU: VIOLINO
ALESSANDRO PATTI: BASSO ELETTRICO
OS TAMBORES SUITE:
LOS TAMBORES DE MINAS GERAIS/ FRONNA ‘E TAMBOR
GIOVANNI LO CASCIO: BATTERIA
NANDO CITARELLA: VOCE-TAMMORRA-TRIANGOLO
LUIGI STAIANO: FISARMONICA
Special guests:
GAETANO PALUMBO: VOCE
GIOVANNI VOLPE: CAIXA-REPINIQUE-SURDO-SHEKERE'-TIMBA
ANTONIO MONTUORI: PANDEIRO-CONTRA SURDO- CAMPANA- AGOGO'-CHOCALHO
PIEDIGROTTA O SPASSO
NANDO CITARELLA: VOCE-PUTIPU' TAMBURELLO
ALBERTO D'ALFONSO: FLAUTO TRAVERSO
SALVATORE ROTUNNO: CHITARRA
GIOVANNI LO CASCIO: RULLANTE-GRANCASSA-PIATTI -TIMPANO
LUIGI STAIANO: VOCE
Special guests:
VANESSA CREMASCHI: VIOLINO
MARCO SINISCALCO: BASSO ELETTRICO
NELLO SALZA: TROMBA
EQUIVOX ENSEMBLE VOCALE
‘A VITA E' MUSECA
VALTER PAIOLA: VOCE-GUIRO-TUMBA-MARACAS-CLAVE-TROMBONE
NANDO CITARELLA: CHITARRA - TAMBURELLO
SALVATORE ROTUNNO: CHITARRA
GIOVANNI LO CASCIO: DARBUKKA- DAVUL
ALESSANDRO PATTI: BASSO ELETTRICO
ALBERTO D'ALFONSO: FLAUTO-SAX TENORE
VANESSA CREMASCHI: VIOLINO
NELLO SALZA: TROMBA
Voci/Presentazioni:
Ensemble Equivox (Catia Ciminelli, Vania Citarda, Danila Vinci, Elisabetta De Toma, Stefania Vinciguerra, Paola Zanin)
Gabriella Aiello, Carlo Cossu, Giovanni Lo Cascio
Luigi Staiano, Marco Siniscalco, Alessandro Patti.
Alberto D'Alfonso, Antonio D'Apolito. Gianfrancesco Cataldo,
Etta Lomasto, Peppe Sasso, Giovanni Volpe, Nello Salza, Vanessa Cremaschi,
Antonio Montuori, Salvatore Rotunno, Francesca Zurzolo, Pina Valentino,
Mauro Bassano, Alessandro Girotto, Pietro Pisano, Giovanni Giugliano,
Ludovica Manzo, Stefano Saletti, Valter Paiola, Pejman Tadayon, Gaetano Palumbo,
Nando Citarella.
Personnel
Prodotto da:
AlfaMusic - Compagnia "La Paranza"Associazione Culturale con il sostegno della Fondazione D'Apolito di Antonio D'Apolito e di molti amici accorsi in aiuto a questo progetto al tempo del Covid-19 (Febbraio - Luglio 2020)
Coordinamento di produzione Fabrizio Salvatore
Illustrazioni di copertina Pejman Tadayon
Progetto grafico Maurizio Capuano
Recording Data
Registrazioni, missaggi, mastering AlfaMusic Studio, Roma
Tecnico del suono Alessandro Guardia
Coordinamento per i missaggi: Giovanni Lo Cascio
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